Morgan un fiume in piena con le nuove dichiarazioni su Amici e Maria De Filippi


Morgan dopo la recente partecipazione come coach al programma Amici di Maria De Filippi e l’epilogo che lo ha visto poi sostituito da Emma, è un fiume in piena.
In una intervista rilasciata a Repubblica, continua a svelare nuovi particolari sull’incresciosa vicenda, e ancora una volta il quadro che ne esce va a sottolineare quello che in tanti hanno capito da un bel po’ di tempo sulla sanguinaria.
Maria De Filippi infatti ne esce come una grande manipolatrice, e se è riuscita in questo con Morgan che non è certo uno sprovveduto , non osiamo immaginare cosa fa con i ragazzi inesperti, che arrivano al programma con tante aspettative e tanti sogni .
Riportiamo integralmente l’intervista rilasciata a Gino Castaldo dove parla di musica, di Bowie  e di Amici:
ROMA – CAMMINA su e giù, fuma in continuazione, posseduto da un demone di smisurato e disordinato talento, un fiume in piena di pensieri e parole, a partire dall’enigmatica figura di David Bowie che andrà a rappresentare all’interno del Festival della Bellezza. “Mi dispiace, è come se fosse morto mio papà, che è morto tanti anni fa, Bowie è stato sempre una figura paterna da quando ho scoperto quella specie di mistero che mi ha dato accesso alla sua visione artistica”. Guarda le nuvole in lontananza, in un luminoso cielo romano e sembra voler ricostruire quella visione. “È stato un maestro, e quindi un padre, proprio nel momento in cui diceva: non sono un modello, non fate quello che faccio io, sono un junkie, sono il peggio, come Carmelo Bene che diceva “non esisto, sono postumo”. E infatti in realtà per me non è morto, perché Bowie è un’idea e come tale non può morire. Bowie è, e che sia morto è impensabile, come dire che l’acqua parla”.

Ha posato sul tavolo la piccola custodia con l’ukulele che si porta sempre dietro. È pieno, ridondante, voglioso, sembra essere sempre e comunque soprattutto un artista, costi quel che costi. Ma come farà a tradurre tutto questo in uno spettacolo?
“Credo che improvviseremo, con un gruppo di musicisti fantastici con i quali posso esplorare tutto quello che voglio del mondo di Bowie. Cosa c’entro io? Intanto l’Italia non ha mai capito Bowie, rimane un’incognita, e gli italiani di fronte a Bowie sono come le scimmie di Kubrick che si battono il petto davanti al monolite. È un Ufo, ma io non sono da meno”.

Innegabile, e del resto ogni volta che dice qualcosa succede il finimondo, come quella volta della droga poco prima del festival di Sanremo…
“Vogliono sempre tutti la stessa cosa, ma la verità è che mi ha deluso la classica reazione italiota. Ci sono problemi di arretratezza culturale, dai, parliamoci chiaro, sono cose che vengono ogni volta male interpretate, estrapolate dal contesto, ma io ci ho provato, eh, ricordatelo, a lanciare un dibattito che è stato scandaloso a ogni livello. Però se lo faceva Lou Reed, tutto bene, lui era fico, nel 1972 gli chiesero “come spendi i tuoi soldi?” e lui senza battere ciglio: “drugs”. Ma perché, David Sylvian di che cosa parla nei pezzi? Oppure: “Si viaggiare, evitando le buche più dure… quel gran genio del mio amico, col cacciavite in mano fa miracoli… certo, non volare, ma viaggiare sì…”. Beh, di che parla?”.

Vista così la metafora è ardita, affascinante, solo che immaginare Mogol che scrive un testo pensando intenzionalmente alla droga è davvero strano…
“Mi rendo conto, e sono d’accordo, però le parole sono quelle. In realtà lui è molto tecnico. Mi è capitato di mandargli un pezzo, volevo che mi scrivesse il testo, anche perché prima o poi, pensavo, l’esperienza Mogol va fatta, gli mando la base, un blues alla Tom Waits. Si è incazzato, ha detto “mi devi mandare la melodia con i numeri e io ti ci metto le parole con la metrica esatta”, cioè voleva la metrica già tutta stabilita. Mi ha detto “così non si fa, non sono abituato, arrivederci”. Io avevo solo pensato di lasciarlo più libero possibile. Magari Battisti gli mandava le melodie con i numeri, chissà com’è quella de I giardini di Marzo (e cantare la melodia del pezzo di Battisti con i numeri al posto delle parole): “Ventiquattro sessanta duemila duecentotrentuno, due mila tre, novantasei, quattrocento novanta duemilioni e trentadue””.

Lei in realtà tratta le canzoni come una cosa molto seria, diciamo una passione inestinguibile. Dov’è il segreto?
“Sto scrivendo un libro su come si scrive la canzone perfetta. Deve essere originale e corrispondere alla voglia di far esplodere la forma. La canzone di Dylan è dentro una razionalità, quella di Bowie è un vomito che dissolve le regole, è dissonante, imprevedibile, ma chi l’ha appreso questo? Ovviamente i matti. Io suono Bowie per imparare, per divertirmi e perché ho la stessa identica estensione vocale, che poi è quella di Sinatra e di Modugno, due ottave, se mi fai cantare Claudio Villa non ci riesco, i pezzi di Modugno li so cantare tutti, è un fatto fisico”.
Senta Morgan, ma le canzoni, l’arte, possono davvero renderci più felici?
“Ma certo, Bowie per me è un nascondiglio, un posto dove si sta bene, dove sei compreso nelle tue stranezze, dove tutto quello che la gente ti dice che non va bene, lì è permesso”.

Eppure si potrebbe immaginare che qualche volta Morgan ci goda a scatenare reazioni scomposte. Possiamo dire che è anche un provocatore?
“Sì, a volte, ma tanto non vengo capito. Una volta a X Factor sono uscito da un aereo e ho fatto il saluto fascista. Tutti sconvolti, io ho detto: ma non capite, sto solo citando Bowie che citava Chaplin, è una metacitazione, ha perso completamente il suo valore politico, ma non potevano capirla, e infatti l’hanno tagliata”.

Forse è stata una fortuna. Sarebbe scoppiato un altro pandemonio…
“Tanto succede lo stesso. Ormai è di moda stroncarmi, mi aspettano al varco, ogni volta che vado in pubblico fa figo rompermi i coglioni, ma in realtà è solo perché dico quello che penso, non dico mai cose cattive, però… quella della droga l’avevo già detta mille volte, dipende come usi le cose. Dovevo andare a Sanremo, avevo un grande potere in mano, avevo il consenso, di tutti, ma non mi hanno fatto salire su quel palco, e così è andata per cinque anni consecutivi. Anche quest’anno, io già lavoravo con la De Filippi, lei mi disse: “Conti vorrebbe trascinarmi a Sanremo, ma figurati se ci vado”. In realtà aveva già firmato, e io avevo già consegnato la canzone, e tutti e due, Conti e la De Filippi, hanno detto che era un capolavoro, però non mi hanno selezionato. Maria disse: io non ho voce in capitolo sul cast. E sì, certo, poi però tra i giovani ha vinto Lele”.

Brutta storia questa con “Amici”, si poteva evitare?
“L’avrei evitato. Ma è stata una trappola. Maria mi disse: ti devi inventare qualcosa per uscire, così quando esci io posso parlare bene di te e tu sembri un fico. Io ero perplesso, ma lei alla fine mi ha messo il pubblico contro, e io a quel punto sono uscito. Non ero neanche incazzato, tanto era una commedia, credevo. Esco e vado a vedere sullo schermo quello che succedeva e sento lei che dice “avete ragione a essere arrabbiati con Morgan, ma non dovete ucciderlo”. Non ci potevo credere. Poi è venuta a cercarmi e mi ha detto: non sei mortificato? Io le ho risposto: no, crocifisso “.
In questo momento ha un contratto discografico?
“No”.

Com’è possibile?
“Li ho mandati tutti a fare in culo, oppure forse sono loro che mi hanno mandato a fare in culo, fatto sta che non hanno capito il valore di quello che sto facendo, ed è imbarazzante perché invece il valore di Fedez lo capiscono, e poi per carità Fedez magari ha un grande valore, ma le mie cose non passeranno alla storia perché non escono, da dieci anni non escono, ho cinque dischi fatti che sono lì, pronti”.

Sembra inverosimile. Come fanno a negare che Morgan abbia un valore di mercato?
“Ma sì, dai, non è poi così strano, mi hanno sempre usato nei talent show perché sanno che sono bravo a far emergere quelli bravi. Ho la visione perché sono un produttore, non mi hanno fatto mai produrre quelli che tiravo fuori, vedi Mengoni, Noemi, Michele Bravi, Chiara, hanno sempre impedito i contatti tra me e i ragazzi, perché sono quello che arriva in ritardo, che non consegna, ma non è vero”. “
Davvero non c’è molto da aggiungere , il vaso di pandora sembra si sia scoperchiato e in tanti stanno prendendo atto lla verità.